Geoclima Russia può contare su due forze in più

Per la produzione..

Il nuovo reparto di lavorazione delle lamiere garantisce a Geoclima Russia una maggiore indipendenza nella produzione di strutture per tutte le unità Geoclima e Clima Tech, con importanti vantaggi in termini di costi e tempi.

..e per l’assistenza clienti

Con i nuovi alloggi all’interno dello stabilimento di Furmanov, i clienti possono godere di un servizio in più quando decidono di visitare la produzione e assistere al collaudo delle proprie unità.

 

Le unità Geoclima per la conservazione dei formaggi

L’esperienza di Geoclima nella realizzazione di sistemi di condizionamento e raffreddamento adatti alla conservazione di alimenti trova nuovo impiego in Russia, in un magazzino di prodotti caseari.

Il magazzino copre un’area totale di oltre 1,1 milioni di m2 e al suo interno sono conservate circa 6000 tonnellate di prodotti. Per questa applicazione il nostro reparto R&D ha dovuto tenere in considerazione diversi aspetti legati allo stoccaggio di questo tipo di prodotti. Nello specifico, l’impianto doveva essere progettato per garantire elevate prestazioni e massima affidabilità e per rispondere ai particolari requisiti di temperatura, umidità e ventilazione.

Scopri di più su questo progetto: https://www.geoclima.com/it/portfolio-item/magazzino-di-formaggi-domodedovo/

 

Grandi novità in mostra a MCE 2016!

Anche quest’anno saremo presenti, insieme al nostro partner Clima Tech, a Mostra Convegno Expocomfort, a Milano dal 15 al 18 marzo 2016.

MCE 2016 sarà un’importante occasione per farvi esplorare a 360 gradi i prodotti e le tecnologie Geoclima: potrete sperimentare in prima persona tutte le possibilità offerte non solo dai nostri chiller ma anche dalle tecnologie a supporto studiate per migliorare l’esperienza dell’utilizzatore finale.

Ma non è tutto. MCE 2016 rappresenta soprattutto una grande opportunità per presentare un nuovo prodotto firmato Geoclima: Teslamiser, il nuovo sistema di gestione dell’alimentazione per ottimizzare l’efficienza energetica dei chiller!

Venite a scoprire il mondo Geoclima al Padiglione 22, Stand N49 – P42! 

 

Refrigeranti a basso GWP: la sola strada percorribile

L’industria dei refrigeranti è alla continua ricerca di soluzioni sempre più efficienti e sostenibili. Riuscire a combinare efficienza e sostenibilità è infatti essenziale sia sotto il profilo economico che sotto il profilo ambientale.

L’evoluzione che ha interessato e che continua a interessare il settore della refrigerazione e il mercato dei refrigeranti è il risultato del costante aggiornamento di direttive e accordi internazionali, che mirano a ridurre il riscaldamento globale. A questo scopo è fondamentale diminuire l’emissione di gas serra: infatti, più gas con elevato GWP (potenziale di riscaldamento globale) entrano nell’atmosfera, più rapidamente, e drasticamente, il clima è destinato a cambiare.

Oggi, a seguito dell’aggiornamento della direttiva europea F-Gas e di altre normative internazionali, è urgente muoversi verso una sensibile riduzione degli HFC perché, sebbene abbiano un ODP (Potenziale di eliminazione dell’ozono) uguale a 0, presentano un GWP molto elevato.

hfoL’unica concreta alternativa agli HFC è rappresentata dagli HFO (idro-fluoro-olefine), idrocarburi fluorurati che presentano un doppio legame C=C ed hanno una vita atmosferica molto breve e un potenziale di riscaldamento globale estremamente basso. Per tutte le caratteristiche degli HFO e dell’R-1234ze in particolare e per le potenzialità legate al loro impiego nei chiller rimandiamo alla brochure tecnica di Honeywell.

In Geoclima da anni utilizziamo gli HFO nei nostri chiller, concentrando la nostra attenzione sull’impatto ambientale dei prodotti. A questo scopo prendiamo in considerazione il GWP dei singoli refrigeranti come unico vero parametro con il quale valutare il loro impatto ambientale effettivo. Altre variabili, come l’infiammabilità, risultano secondarie nella scelta del refrigerante, in quanto principalmente legate al design del prodotto ed in questo senso superabili.

Sebbene infatti il rischio derivante dal grado di infiammabilità di un refrigerante incida direttamente sulla classificazione della macchina in base alle direttive sui recipienti a pressione (PED) e ponga dei vincoli d’impiego e manutenzione a seconda del sito di installazione (UNI EN 378 – requisiti di sicurezza ed ambientali per gli impianti di refrigerazione e pompe di calore), tali criticità possono essere superate attraverso lo sviluppo di soluzioni progettuali che annullano questi rischi.

Ciò su cui invece non è possibile agire è il GWP di un refrigerante, e dunque il suo impatto ambientale.

Riteniamo prioritaria la questione ambientale e siamo convinti che la sola strada percorribile sia quella di impiegare refrigeranti con GWP inferiore a 10, come già prevede la Svizzera con l’ordinanza ORRPChim.

Tutte le soluzioni intermedie, come le nuove miscele con GWP=600, seppur definite “green” dai produttori, non rappresentano affatto la soluzione ottimale per salvaguardare l’ambiente, ma piuttosto un’alternativa che allontana ancor di più dagli obiettivi posti da accordi internazionali come i Protocolli di Kyoto e Montreal prima e dal più recente accordo di Parigi, siglato a dicembre 2015 da tutti i 197 partecipanti alla COP21.
ACR2012

Questa nostra posizione trova fondamento in un’esperienza pluriennale nell’impiego di refrigeranti con bassissimo GWP. Nel 2012 abbiamo infatti sviluppato il primo chiller al mondo con R1234ze(E) (premiato agli ACR awards 2012). Questa soluzione è oggi largamente utilizzata in tutto il settore, a dimostrazione della validità di questa tecnologia e dei vantaggi in termini sia di impatto ambientale che di prestazioni. Oggi siamo in grado di offrire soluzioni non solo con R1234ze con GWP<1, ma anche con R290 con GWP=3, R1270 con GWP=3 e NH3 con GWP=0.

Antropocene: ci troviamo di fronte ad una nuova epoca geologica?

Ci troviamo di fronte ad una nuova epoca geologica? Molti scienziati dicono di sì. L’ultimo in ordine di tempo da aver parlato di “Antropocene” è il Dottor Colin Waters, capo geologo alla British Geological Survey e uno degli autori di una ricerca recentemente pubblicata su “Science”. Lo studio mira a dimostrare che l’impatto che l’uomo sta avendo – e ha già avuto – sulla Terra è talmente grande da arrivare a parlare di una nuova epoca geologica, l’Antropocene per l’appunto.

I cambiamenti di cui si parla nell’articolo riguardano non solo l’atmosfera, gli oceani e le zone artiche, ma anche flora e fauna selvatiche. Questi cambiamenti sono il risultato di una sensibile accelerazione del progresso tecnologico e della crescita della popolazione mondiale: se si è dovuto aspettare fino al 1800 affinché la popolazione mondiale arrivasse a 1 miliardo di persone, con la rivoluzione industriale il tasso di crescita ha subito un’impennata e in poco più di due secoli si è arrivati agli oltre 7 miliardi di persone presenti oggi sul pianeta. Una così forte crescita ha portato a un inevitabile aumento della domanda di energia e del conseguente consumo di risorse. Infatti, l’Earth Overshoot Day, la giornata dello sfruttamento della Terra – ovvero il giorno il cui la popolazione mondiale ha consumato tutte le risorse naturali a disposizione per quell’anno – nel 2015 è stato registrato il 13 agosto: da quel giorno in poi abbiamo consumato più di quanto avessimo a disposizione. L’Earth Overshoot Day viene registrato da anni e ogni anno ricorre sempre prima: nel 2014 infatti era stato registrato il 17 agosto e nel 2000 addirittura il 4 ottobre, ben 52 giorni prima rispetto al 2015. In base a questi calcoli, effettuati dal Global Footprint Network, per soddisfare la domanda di risorse servirebbero 1,6 Terre. Come detto, questo sbilanciamento tra risorse disponibili e domanda ha portato e continua a portare a una serie di cambiamenti climatici e ambientali sostanziali.

Spinta all’estinzione

L’estinzione di numerose specie animali e vegetali ha subito una notevole accelerazione e si parla addirittura di 400 specie estinte negli ultimi 100 anni. Gli scienziati mettono in guardia da una sesta estinzione di massa, che porterebbe all’estinzione del 75% delle specie esistenti nel corso dei prossimi secoli.

Riscaldamento globale

La concentrazione di CO2 nell’atmosfera è in costante aumento e ad oggi si attesta intorno ai 400 ppm, con un aumento di ben 120 ppm dal 1800 ad oggi. Insieme alla concentrazione di CO2 e degli altri gas serra si registra un costante aumento della temperatura ed è stato confermato da diverse organizzazioni scientifiche, tra cui il NOAA e la NASA, che il 2015 è stato l’anno più caldo di sempre (da quando vengono effettuate registrazioni in modo scientifico, cioè dal 1880), battendo il record del 2014 di 0,13 gradi Celsius. Qui un interessante vista dell’andamento del riscaldamento globale dal 1880 ad oggi: http://www.nasa.gov/press-release/nasa-noaa-analyses-reveal-record-shattering-global-warm-temperatures-in-2015

Inquinamento di oceani e corsi d’acqua

In base a un recente report della “Ellen MacArthur Foundation” – fondata dalla stessa MacArthur, ex campionessa di vela – si prevede che entro il 20150 ci sarà più plastica che pesci negli oceani. Dal 1964 la domanda e la produzione di plastica è aumentata di ben 20 volte; solo il 5% del materiale plastico però viene oggi riciclato in maniera efficace, mentre il 40% finisce nelle discariche e oltre il 30% viene riversato in natura, molto spesso negli oceani. I dati riportano che almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno negli oceani, l’equivalente di un camion di spazzatura ogni minuto. Questi cambiamenti sono tutti frutto dell’azione degli esseri umani sulla Terra, di quella specie che gli scienziati definiscono “la principale forza geologica”.

Per approfondire:

http://www.theguardian.com/environment/2016/jan/07/human-impact-has-pushed-earth-into-the-anthropocene-scientists-say

http://www.theguardian.com/business/2016/jan/19/more-plastic-than-fish-in-the-sea-by-2050-warns-ellen-macarthur

http://www.theguardian.com/environment/2016/jan/24/plastic-new-epoch-human-damage